lunedì 15 gennaio 2018

pc 15 gennaio - CALENDA E BENTIVOGLI (FIM CISL) UNITI, DISEGNANO IL "NUOVO PATTO" DELL'ITALIA CON E PER IL CAPITALE, E DI FATTO SI CANDIDANO AL NUOVO GOVERNO - LE LORO "MEDAGLIE" SONO GLI ACCORDI CONTRO I LAVORATORI, AL CENTRO QUELLO DELL'ILVA

(da una corrispondenza ad Operaicontro)
Calenda ministro dello Sviluppo, e Bentivogli segretario nazionale della Fim Cisl, disegnano il ” nuovo patto per la fabbrica”. Dietro il paravento della “Formazione continua” i due intrepidi progettisti, suggeriscono ai padroni come sfruttare di più e meglio gli operai, attraverso l’Industria 4.0. “Così si sostiene la produttività dell’Italia” ci tengono a precisare, e con essa – aggiungiamo noi – i profitti per i padroni.
Finora le aziende affidavano ai propri uffici tecnici, lo studio dei “tempi e metodi” per la massima resa dello sfruttamento operaio. A questi ora si è affiancato anche il bravo sindacalista Bentivogli: prima suggerisce come creare esuberi aumentando la produttività, poi firmerà gli accordi per licenziare gli esuberi. Meraviglie dell’Industria 4.0! Ma non è tutto. Bentivoglio e Calenda “incoraggiano il decentramento contrattuale a livello territoriale, di sito e di rete”. Si potrebbe aggiungere di “numero civico della fabbrica”, così ogni padrone potrà disfarsi del contratto nazionale e di quello integrativo, spalancando le porte alla selvaggia contrattazione al ribasso in ogni singola fabbrica. L’antidoto alla disgregazione operaia è l’organizzazione degli operai stessi, contro i padroni. Smascherare e isolare ovunque gli agenti dei padroni.
Saluti Oxervator

PUBBLICHIAMO STRALCI DELL'ARTICOLO USCITO SU SOLE 24 ORE il 12 gennaio 2018  A FIRMA DI CARLO CALENDA E MARCO BENTIVOGLI (sottolineamo in neretto i passaggi più significativi)
NEI PROSSIMI GIORNI NOSTRO COMMENTO

Slai cobas per il sindacato di classe - Taranto

Il ministro dello Sviluppo e il segretario della Fim Cisl disegnano il nuovo patto per la fabbrica: “Formazione continua la chiave. Così si sostiene la produttività dell’Italia”

"La fine degli stimoli della Bce, l’evoluzione, certo non orientata a maggior flessibilità, dell’Eurozona e la restrizione dei parametri di valutazione sugli Npl, renderanno il 2018 un anno potenzialmente critico per la tenuta finanziaria del Paese...
Eventuali margini di flessibilità si potranno negoziare solo a fronte di un convincente “Piano industriale per il Paese” focalizzato su crescita e investimenti. A tutto ciò si aggiunge la sfida di una rapidissima innovazione tecnologica che mette in discussione modelli produttivi e organizzazione del lavoro. Se l’Italia non saprà essere all’altezza andremo incontro a un secondo
shock sistemico... Riteniamo che l’avvio della campagna elettorale mostri una diffusa mancanza di consapevolezza rispetto a questa situazione... Noi pensiamo invece che la parola d’ordine debba essere “costruire” un futuro fondato su tre pilastri: Competenze, Impresa, Lavoro.

1) Competenze
La rivoluzione digitale crea e distrugge occupazione e non è possibile prevedere con certezza quale sarà il saldo netto... Nella grande riallocazione internazionale del lavoro, l’occupazione crescerà nei Paesi che hanno investito sulle competenze digitali e si ridurrà in quelli che non le hanno acquisite in maniera adeguata ad affrontare la trasformazione del tessuto produttivo. In Italia ci sono profondi gap da colmare: solo il 29% della forza lavoro possiede elevate competenze digitali, contro una media Ue del 37%. Un divario che rischia di aumentare ulteriormente considerando la bassa partecipazione di lavoratori a corsi di formazione (8,3%) rispetto alla media Ue di 10,8% e a benchmark quali Francia 18,8% e Svezia 29,6%...
...A questo fine, proponiamo il riconoscimento del diritto soggettivo del lavoratore alla formazione in tutti i rapporti di lavoro e la sua definizione come specifico contenuto contrattuale.

2) Impresa
 (Il) divario (del nostro paese rispetto alla Germania) dipende da alcune fragilità peculiari del nostro tessuto produttivo: 1) il numero limitato delle imprese pienamente integrate nelle catene globali del valore (20% circa del totale); 2) le differenze di performance territoriali e tra classi d’impresa; 3) condizioni di contesto - costo dell’energia, concorrenza, connettività - ancora spesso meno favorevoli rispetto ai competitor internazionali; 4) un mercato del lavoro ancora troppo centralizzato con modalità di determinazione delle condizioni salariali lontane dal contesto competitivo delle singole imprese.
Quello che proponiamo è una politica industriale e del lavoro non retorica... La base di partenza non può che essere quella delle politiche realizzate dagli ultimi due governi che hanno contribuito a determinare una dinamica positiva di occupazione, reddito, esportazioni e di saldi di finanza pubblica...

3) Impresa 4.0
...Pur confermando l’impostazione generale del Piano, per gli anni a venire occorrerà procedere lungo due direzioni. Da un lato occorrerà rifinanziare per il 2019 il Fondo Centrale di Garanzia per 2 miliardi di euro, in modo da garantire circa 50 miliardi di crediti finalizzati agli investimenti delle Pmi. Dall’altro occorrerà sostenere l’investimento privato per l’acquisizione e lo sviluppo di competenze 4.0. In concreto: dovranno essere stanziati 400 milioni di euro aggiuntivi all’anno da destinare agli Istituti Tecnici Superiori con l’obiettivo di raggiungere almeno 100mila studenti iscritti entro il 2020 (in Italia attualmente gli studenti degli Its sono circa 9000 contro i quasi 800mila della Germania); i Competence Center dovranno essere rafforzati al fine di costruire una vera rete nazionale, per lo sviluppo e il trasferimento di competenze digitali e ad alta specializzazione (sul modello del tedesco Fraunhofer e dell’inglese Catapult); dovrà essere reso strutturale lo strumento del credito di imposta alla formazione 4.0, previsto attualmente in forma sperimentale.

4) Lavoro 4.0
L’impresa 4.0 ha bisogno, oltre alle tecnologie e alle competenze, di nuovi modelli di organizzazione del lavoro, che vanno quindi incentivati come ulteriore tassello del Piano.
Dal punto di vista contrattuale occorre rispondere ad una produzione che sarà sempre più “sartoriale” e quindi il Contratto nazionale ha senso non solo se ne riduce drasticamente il numero delle tipologie - che negli ultimi anni è esploso - ma anche e soprattutto se il suo ruolo resta quello di “cornice di garanzia” finalizzata ad assicurare il più possibile una dimensione di prossimità all’impresa. Va incoraggiato un vero decentramento contrattuale, utile anche ai programmi condivisi di miglioramento della produttività, a livello territoriale, di sito e di rete. Questo processo, unitamente ai nuovi contenuti della contrattazione (welfare, formazione, orari, flessibilità attive) possono rappresentare il nuovo “patto per la fabbrica” in grado di centrare la sfida della produttività e dell’innovazione a partire dalle Pmi per le quali la contrattazione territoriale può diventare una risorsa fondamentale. Permane in alcuni settori il rischio che i nuovi modelli organizzativi comportino una riduzione del valore del lavoro che va contrastato con la capacità di costruire nuove tutele e diritti sociali ma, soprattutto, con un salario minimo legale, per i settori non coperti da contrattazione collettiva.
5) Energia
La Strategia Energetica Nazionale definisce la strada per... l’indipendenza energetica dell’Italia...
L’abbandono del carbone nel 2025 nella produzione elettrica necessita, oltre che degli investimenti in reti e rinnovabili, anche di un deciso coordinamento operativo e di un focus forte sul rafforzamento e sulla diversificazione delle aree di approvvigionamento del gas.

6) Concorrenza
Negli ultimi anni l’Italia ha fatto passi avanti, ma molto ancora resta da fare... Nella prossima legislatura sono almeno due i capitoli su cui è necessario concentrarsi. Il primo è quello dei servizi pubblici locali ancora spesso poco efficienti mentre il secondo è quello delle concessioni: da quelle balneari alle autostrade. Anche qui è necessario disciplinare le modalità di affidamento competitivo... oltre ad assoggettarne i contenuti alla massima trasparenza, pur riconoscendo la possibilità di introdurre correttivi sociali e cautele a difesa dell’occupazione e degli operatori più piccoli.

7) Banda Larga
...Su questo fronte la situazione italiana attuale presenta un preoccupante ritardo rispetto alle economie con le quali ci confrontiamo...
Il carattere sistemico dell’infrastruttura Tlc, che ha bisogno di grandi investimenti di sviluppo e ammodernamento suggerisce di verificare la possibilità di concentrare lo sviluppo della rete in un unico operatore...

8) Politica commerciale e internazionalizzazione
...gli accordi di libero scambio sono lo strumento principale attraverso il quale favorire l’accesso delle Pmi ai mercati esteri... Contemporaneamente... dobbiamo perseguire l’obiettivo di creare un contesto di regole condivise... assumendo un ruolo guida in Europa, nel caso del mancato riconoscimento alla Cina dello status di economia di mercato. La prossima battaglia che dobbiamo portare avanti è quella per l’inclusione dei principi di sostenibilità ambientale e sociale negli accordi di libero scambio. La stessa strategia duale dovrà continuare ad applicarsi per l’attrazione degli investimenti diretti esteri. Da un lato, razionalizzazione e semplificazione della governance delle politiche di attrazione e definizione di nuovi strumenti nella convinzione che l’Italia ha bisogno di capitale di crescita. Dall’altro lato, tutela dell’interesse nazionale contro operazioni predatorie verso imprese ad alto contenuto tecnologico anche usando la nuova golden power varata dal Governo a questo scopo...

9) Gestire le trasformazioni
I processi di trasformazione dell’economia si sono fatti sempre più rapidi con l’accorciarsi dei cicli di sviluppo tecnologico che ha reso sempre più frequente l’emergere di tecnologie disruptive. La nuova condizione di normalità è dunque quella in cui segmenti o interi settori industriali sono costantemente spiazzati. Occorre attrezzare il Paese a prendersi cura degli “sconfitti”; di quei lavoratori e di quelle imprese che nel breve periodo sono vittime del cambiamento. Alcune iniziative sembrano aver dato risultati. È il caso della strategia di recovery settoriale attuata per i call center con salvaguardia salariale e il ritorno degli investimenti nei settori dell’alluminio e dell’acciaio.
Occorre però sistematizzare queste modalità di azione, ingegnerizzando per così dire il modello e massimizzando la velocità di intervento. Funzionale allo scopo sarebbe la possibilità di potenziare nelle aree di crisi complessa soluzioni eccezionali: strumentazioni dedicate per le imprese beneficiarie di agevolazioni (deroghe alle regole del mercato del lavoro e ammortizzatori sociali, semplificazioni e accelerazioni burocratiche/autorizzative, supporto prioritario del Fondo di Garanzia, defiscalizzazioni) e iter accelerati per bonifiche e interventi infrastrutturali per poter rapidamente rilanciare l’attività d’impresa. Altro strumento fondamentale per ricostituire base manifatturiera sono i Nuovi Contratti di Sviluppo destinati per l’80% al Mezzogiorno che spesso vedono protagonisti grandi aziende multinazionali... Occorre infine varare un fondo equivalente al “Globalization Adjustment Fund” dedicato alla riconversione di lavoratori e aziende spiazzati da innovazione tecnologica e globalizzazione.

Non esiste sviluppo, reddito e benessere senza investimenti, imprese e lavoro. Le scorciatoie conducono a vicoli ciechi e non di rado a veri e propri burroni. L’Italia è ancora fragile e le ferite della crisi ancora aperte. È fondamentale che chiunque governerà il Paese riparta da questa consapevolezza e da queste priorità..."

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